MERMAIDS ON A DOLPHIN’S BACK
Il lavoro nasce da una serie di pratiche condivise di ricerca vocale. Luogo dell’indagine è la possibilità vocalica del corpo e l’integrazione del corpo-voce.
Voci possibili che danno vita a corpi possibili.
Il corpo nel suo spazio interno e nella relazione con l’esterno genera il suono e il suono informa la dinamica del corpo.
Quello che agisce così è un soggetto multiforme e in continua definizione che sfugge per lo più alla comprensione logica, che si trasforma continuamente, incomprensibile, iconografico, estatico, razionale, animale, queer persino.
Voci in dialogo che generano corpi liquidi, che si travasano in figure antropomorfe, astratte, dai confini e generi mutevoli. La figura della Sirena così, quasi si impone su questo materiale.
“… Da sempre maestre di metamorfosi.
E di malinconia.
Creature assai poco cartesiane, che diffidano del logos, pur conoscendolo a fondo, e notoriamente se mai, scelgono il canto …”
Agnese Grieco “Atlante delle Sirene”
Le Sirene cantatrici di un viaggio emozionale, figure del desiderio ma anche incarnazioni del monstrum.
Due postazioni separate, due isole di un unico arcipelago, ora immerse nella nebbia ora tempestose, due navigazioni, due naufragi.
L’accordo delle voci e dei corpi nasce da un profondo ascolto che spersonalizza e rende parziale la propria emissione; tutto l’ambiente si immerge in una consonanza condivisa, stanze di suono in cui non c’è solo accordo e armonia ma anche discordanza e divergenza.
Il tema dell’Amore si impone su questa relazione.
“… O take the sense, sweet, of my innocence!
Love takes the meaning in love’s conference.
I mean that my heart unto yours is knit, So that but one heart we can make of it …”
William Shakespeare, A midsummer night’s dream.
Mermaids on a dolphin’s back – Pratiche per 11 stanze di suono (Leggi tutto) ↓
PRIMA STANZA– Sirene, il richiamo (informe, mutaforma, fluido e ingannevole)
Il corpo è raccolto. La posizione è quella di una schiena arcuata.
Anche le braccia hanno un appoggio che permette di sentire il rapporto con il pavimento.
Gli appoggi sul pavimento permettono al corpo interno di muoversi per lasciar uscire il suono.
C’è un tubo d’aria che dal coccige sale fino al palato.
Inspirazione. L’aria espande la schiena, la pancia è piuttosto compressa sulle cosce.
Si sente bene l’entrata dell’aria che cerca spazio. Grande collegamento con l’ampliarsi del bacino con la forza che viene dal pavimento.
Espirazione. Mentre emetto la colonna d’aria posso agire sulla forma e tensione degli apparati fonatori per azionare le corde fino al suono. Emissione della vocale U. Dal vento al suono.
Trovato un suono non lo trattengo nel gesto vocalico ma lascio che l’aria continui ad entrare ed uscire.
Relazione- Il suono sorge dal respiro, si fa spazio nell’aria nella quale è presente un’altra voce, si lega ad essa. Come un richiamo che viaggia lontano. Ascolto. Silenzio. Ritmo. L’andare e venire delle onde marine.
SECONDA STANZA– Mai Dai (Sequenze determinate di un’immagine non logica)
Nella sequenza di suoni il corpo raggiunge varie posizioni di un alfabeto fisico. Mai, Dai, Sai, Fai le sillabe che usiamo.
Il colore della voce è quello dell’apertura, un corpo erotico porta un suono che si radica, si spalanca e arriva ad un apice. L’eros è un piacere pulito, fisico, leggero,mi apro, mi dono.M, D, F, S-per radicare il suono nelle corde A I– per spalancare il suono radicato e muovere il corpo verso la forma. Il petto e la pancia si aprono, fioriscono nel suono. Ogni suono per ogni posizione del nostro alfabeto fisico.
Relazione- La ripetizione dell’alfabeto fisico crea una tessitura condivisa che moltiplica la visione e l’ascolto. La relazione dei corpi non si costruisce sulla vista ma sul rapporto sonoro. Una combinazione casuale del linguaggio che attraverso la precisione delle strutture veicola un suono erotico che è l’antitesi del rigore e del controllo.
TERZA STANZA– Cani (Non ancora umano, che arretra verso la bestia)
Quattro inoppugnabili zampe.
Il volto è “osceno” e non si vede.
Tutto il corpo e tutta la voce sono scagliati nel gesto violento e preciso dell’abbaiare, dell’ululare. Tutto parte dalla pancia, dalle viscere: l’abbaiare, basso, profondo, acuto.AU che sale dai genitali alla testa ed esce fuori.
Il ringhio nella gola.
Posso perdermi ma mi radico.
Relazione- “…l’amor mio ascolterà il concerto dei miei cani (…) e ascolteremo il musical frastuono delle mute, e l’eco che con esso si congiunge. Mai ho udito più forti latrati, per cui le selve e i cieli, (…) parean congiunti in un unico grido. Mai ho udito più musical discordo. Mai un toneggiar più dolce. Come campane in digradanti toni. “ Sogno d’una notte di mezza estate” W. Shakespeare, IV, 1
QUARTA STANZA – Silenzio di mani
Il respiro del corpo guida il silenzio di mani. Il centro dell’azione è il petto, il cuore, il plesso solare. La vista è oscurata. Non vedo ma sento.
Nelle mani la parola. Annunciano, dicono in silenzio una lingua che la mente può sentire. Le mani sono araldi del pensiero. Tra le dita un codice che sembra antico. Le mani scoprono finalmente il volto.
Relazione- L’ascolto del silenzio attraverso il respiro. Lentamente le due figure parlano la stessa lingua silenziosa. Ciascuna si fa carico della propria immagine, l’immagine inventata arriva da un ricordo iconografico, la combinazione del racconto si manifesta attraverso pose di mani iconografiche non programmate. Se perfetto, il dire dell’una si combinerà perfettamente con quello dell’altra.
QUINTA STANZA– Giorni Felici
All’essere umano servono gambe per dire?
Il corpo è fisso nel suo galleggiare, piantato a terra dal bacino in su.
Il petto aspira al cielo, le braccia sono in estasi.
Il suono cerca la via per uscire dalla bocca aperta e si fa subito suono in accordo melodico, poi logos nel canto, poi senso della parola. Amore come Conoscenza.
“..se in questa nostra vita il fine è conoscenza, conoscerti è profonda dottrina”. Pene d’amor perduto, W. Shakespeare.
Ciò che è visibile è tutta la catena dell’apparato vocalico che con i suoi movimenti interni e misteriosi genera il logos.
Lo spazio diventa diurno, pieno di luce perfettamente prospettica e astratta.
Relazione- Occorre una chiara decisione per suonare una nota e farlo insieme. E’ un gesto della Ragione che prende forza dall’istinto bestiale delle prime stanze.
SESTA STANZA– Ahimè (il canto virtuoso e il soul)
Intorno alla parola Ahimè il corpo si costruisce in pose che lo portano in piedi.
Ogni forma del suono, vocali, consonanti, suoni di passaggio, informano e modificano la postura. La voce barocca e la voce soul, il corpo barocco e il corpo soul.
“O unico mio amore, scaturito dall’unico mio odio!
O sconosciuto, troppo presto visto e troppo tardi, ahimè, riconosciuto.
O amore prodigioso, ch’io debba amare un odiato nemico!”
Romeo e Giulietta, W. Shakespeare, I, 5
Il testo viene pronunciato in ogni suo angolo attraverso una possibilità vocalica totalmente libera, solo guidata dall’immaginario a cui si aderisce, il barocco, il soul.
Il corpo si trasforma in numerose icone di questi due mondi, si chiama a raccolta la memoria, il gusto, il tentativo di somigliare.
Cantare questo “Ahimè” è dare struttura al sospiro d’amore, è sublimare attraverso la creazione artistica l’insostenibilità esistenziale della sofferenza. Chi ama e soffre si sublima e s’incarna in una forma d’arte, e da lì si guarda, si fa specchio ed esce fuori.
Relazione- un vero e proprio duetto, con spazi per l’una e l’altra voce, silenzi, pause, intese e accordi. L’ascolto e la fusione nella differenza, essere insieme nelle peculiarità. Cantare insieme da due mondi diversi. Quando una voce si aggancia all’altra il suono si espande e percorre la strada tra i due mondi, rivelandone le somiglianze e le peculiarità nello stesso istante. Senza cercarla in modo forzato, inseguirla con la volontà, accade ugualmente la fusione delle voce.
SETTIMA STANZA– Mercato sadomaso (Il litigio)
Il corpo si atletizza in improvvisi scatti. La voce ne esprime la potenza in ogni direzione. La voce è azione fisica precisa, gesto sonoro concreto. Si litiga perché ci sono forze contrapposte. Uno scontro energetico senza contatto dei corpi.
L’una: balzi, esplosioni, tagli, sforzi del corpo e della voce; l’intento, mai psicologico, è quello di far tacere, di inserirsi come coltello nel suono e movimento dell’altra. L’altra: litiga con se stessa, e intanto viene colpita dall’altra voce, in precisi punti del corpo, innesca una reazione fisica e sonora (piange, si lamenta, la voce che colpisce fa male).
Relazione- Azione-Reazione della voce e del corpo. C’è invasione di campo, sopraffazione, si generano cluster, si guerreggia .
OTTAVA STANZA-Le poverine (Il segreto, non posso muovermi se non sono mossa da te che mi muovi)
La testa è pesante a terra, lo sguardo vede da una prospettiva bassa, il cuore sul pavimento, semplici i pensieri, la bocca che tenta di articolare parole che non si compiono. Creature gemelle, comunicano con una lingua di stupore e di gioia.
Relazione- L’altro corpo è un modello da seguire, un idolo. L’una segue i movimenti fisici e vocalici dell’altra, fino a perdere i contorni della propria soggettività e del proprio potere decisionale. Le gambe per aria, goffi tentativi di virtuosismo ginnico. Mangio il suono dell’altra perché mentre lo produce lo sto emettendo.
NONA STANZA – Il giardino, le amiche in bagno (Semplice ed ipnotico stare su questo scoglio)
I corpi si sono interamente rivelati. Il corpo non fa’, il corpo è. Usciti dal guscio come nudi gamberetti, come pesce portato fuori dall’acqua che invece di boccheggiare o piangere sta, in una immobilità ipnotica, produce misteriosi suoni di un discorso incantato. Ventriloquia. Il suono esce senza increspature, poi dal nulla un dialogo di vere parole, interamente pronunciate, senza affezione, prodotte da questo placido stare nel sorriso.
Relazione- stare, nel sorriso, senza lotta esterna ne’ interiore.
DECIMA STANZA– I richiami (“Ho sentito cantare le sirene una all’altra” T.S. EliotT)
Ora la voce ha la precisa volontà di colmare una distanza.
Riempie lo spazio con un lungo richiamo O.
La voce viene lanciata, è una larga rete, si attende la risposta, il corpo acquatico si trasporta, si protende come vegetazione sottomarina.
Trovare l’altro corpo non fa cessare il dialogo del suono, ma lo ancora alla vibrazione che l’altra produce. Un unico animale mosso dalle correnti. Le mani non prendono. I centri si avvicinano uno all’altro, cambiano forma per stare più vicini, con volontà e delicatezza.
Relazione– Richiamo, attesa, ritmo, adagio. Nel corpo dell’altra trovo riposo. I nostri richiami riempiono lo spazio.
UNDICESIMA STANZA – il ritorno (Una piccola melodia malinconica mentre il corpo si ritira e si allontana)
Le figure trasformate tornano da dove sono venute.
Il lungo attraversamento ha prodotto un nuovo stato.
La traiettoria di allontanamento è lenta e inesorabile come umidità asciugata dal sole.
Relazione– Mentre il legame si dissolve le voci si allontanano, si increspano di nuovo, si dissolvono in vento. “Non fatemi rimanere col vostro potere in quest’isola nuda
Ma scioglietemi da ogni legame con mani generose. Ora mi mancano spiriti da comandare, arte per incantare. Il nostro spettacolo è finito. Questi nostri attori erano tutti spiriti e si sono dissolti nell’aria,E, come l’edificio senza fondamenta di questa visione, tutto si dissolverà. Come la scena priva di sostanza tutto svanirà. Noi siamo della materia di cui son fatti i sogni. E la nostra piccola vita è circondata da un sonno”.
Oberon, atti IV e V, La tempesta, W. Shakespeare
di e con Cristina Abati e Angela Burico
disegno luci Marco Santambrogio
tecnica Monica Bosso
immagine neo-studio
foto Silvio Palladino
realizzato con il contributo di Regione Toscana e Fondazione CR Firenze
con il sostegno di Ministero della Cultura, Comune di Firenze e Centro Nazionale di Produzione Virgilio Sieni
residenze Spazio K/Kinkaleri, Cango, Il Vivaio del Malcantone